Un futuro per i popoli della Ex-Jugoslavia

Anche questo è un articolo, diviso in vari riquadri, apparso su Frigidaire nella seconda metà del 1994; è un riadattamenteo di vari materiali relativi alle attività che gli umanisti svolsero da quelle parti in tempi non sospetti; una parte della storia che non è stata troppo racontata.

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Mentre al Papa non riesce il suo show a Sarajevo, e i cecchini continuano il loro spettacolo di morte, gli umanisti tessono la loro rete per una Jugoslavia dell’autodeterminazione dei popoli. Come? Intanto a Giugno, a Firenze, campo neutro, si sono incontrati serbi ed albanesi del Kossovo, come dire, nell’iconografia servitaci dai mass-media, il cane e il gatto; hanno formato il primo parlamento di base multietnico e messo in moto un lavoro nella base sociale dei loro rispettivi luoghi di origine per preparare un nuovo incontro a Budapest (sempre campo neutro ma più vicino). Vediamo come sono andate le cose e perché in questi due brevi articoli, uno della commissione umanista per la ex-Jugoslavia che spiega il progetto dei parlamenti di base e l’altro di un serbo che ha partecipato al primo parlamento di base a Firenze e racconta la sua esperienza.

PARLAMENTI DI BASE MULTIETNICI

E’ ormai da un anno e mezzo che una decina di membri del Movimento Umanista di Milano e di Firenze viaggia tra l’Italia e l’ex-Jugoslavia e i risultati non si sono fatti attendere: una fitta rete di contatti e di collaboratori nei campi più diversi, cultura, mass media, associazionismo, politica. Stanno crescendo i gruppi impegnati nello sviluppo di strutture di base che contano su centinaia di partecipanti in Serbia e nel Kossovo e contatti in Croazia, Bosnia, Slovenia, Montenegro. Recente la pubblicazione del libro “Lettere ai miei amici – Sulla crisi sociale e personale nel momento attuale” di Silo, in serbo e albanese.

Fin dall’inizio le proposte umaniste sono state accolte con grande interesse e molti hanno visto nella prospettiva di una rivoluzione umanista, superatrice delle diversità fra gli oppressi, la possibile via d’uscita da una situazione apparentemente senza futuro.

Salute ed educazione e qualità della vita sono stati i temi attorno ai quali si sono indirizzate le iniziative e le proposte dei primi gruppi di base, ma fin dal primo momento è apparsa evidente la necessità di creare Parlamenti di Base Interetnici, come condizione del superamento dell’attuale conflitto e come prevenzione di altri ancora più disastrosi che potrebbero estendersi nel Kossovo e in Macedonia, coinvolgendo così tutta l’area albanese.

Questi Parlamenti di Base sono formati da gente che appartiene alle differenti etnie, sia all’interno dell’intero territorio dell’ex-Jugoslavia, sia in tutti i paesi europei in cui ci siano rifugiati.

Non vuole essere una proposta pacifista ingenua, poiché è evidente che il “siamo tutti fratelli” non ha nessuna risonanza, anzi le differenze ci sono e anche i problemi; parlamenti di base in cui, fra tutti i problemi e le diversità, ci si possa trovare d’accordo su un punto: che questa situazione non è voluta dai popoli ma dalle dirigenze economiche, politiche e militari.

Presto o tardi la distruzione avrà termine e arriverà il momento della ricostruzione. Chi la gestirà? Le dirigenze che hanno prodotto la catastrofe? Il grande capitale? Dove finirà allora l’autodeterminazione e la libertà di quei popoli?

Il progetto dei Parlamenti di Base Interetnici nasce dalla convinzione che i vertici politici ed economici delle parti in causa non possono e non vogliono risolvere il conflitto.

Non possono perché affrontano il problema in termini di sovranità su un territorio, quando il problema non è “a chi appartiene la terra” (in un’epoca in cui il potere è di tipo economico e sovranazionale), ma “come garantire l’autodeterminazione dei popoli”.

Non vogliono perché questa guerra è già un affare di migliaia di miliardi grazie al mercato delle armi e a tutte le forme di contrabbando che sta favorendo. Questo è dimostrato dall’uso dei mezzi di diffusione, i quali continuano a distorcere e manipolare ogni tipo di notizia allo scopo di inasprire il sospetto e l’odio razziale.

Una distorsione operata anche dai mass media del resto del mondo, in mano a quelle multinazionali e a quelle banche che, a guerra finita, potranno impossessarsi di tutto per una manciata di miliardi.

Di fatto, viene propagandata l’immagine di una carneficina nata dalla barbarie di popoli lontani dalla “civiltà”, ma nella Jugoslavia di soli tre anni fa il tenore di vita era molto simile a quello italiano e a tutt’oggi la gente comune vive quanto sta accadendo come assolutamente incredibile.

Va qui ricordata, proprio come esempio di civiltà, la resistenza nonviolenta di tipo ghandiano del popolo del Kossovo (ignorata dalla stampa internazionale), il quale, da anni privato dei diritti più elementari dal potere centrale di Belgrado, ha dato risposta organizzandosi le proprie scuole e i propri ospedali nelle case in forma quasi clandestina ma efficacissima, grazie alla rete organizzativa che i suoi abitanti hanno saputo costruire.

I parlamenti di base sono la dimostrazione pratica che i popoli possono mettersi d’accordo al di là delle differenze e aprono la strada a una democrazia reale basata sul riconoscimento di tutte le etnie, religioni, culture minoranze. Vogliamo realizzare un’esperienza che abbia eco, che possa servire da riferimento per i conflitti di ogni latitudine.

Commissione Umanista per i Parlamenti di Base Interetnici nella Ex Jugoslavia

FIRENZE: Paolo Vecchi, Francesca Lucchesi.

MILANO: Camillo Comelli,

TORINO: Silvia Lo Verde.

Firenze 7, 8, 9 giugno 1994

UMANISTI SENZA FRONTIERE

E’ da più di un anno che membri del Movimento Umanista di Milano e Firenze stanno preparando un incontro fra umanisti di Belgrado e Pristina. Un incontro che prevedevamo pieno di difficoltà, dato il muro che è stato eretto fra i due popoli.

Appena arrivati a Firenze l’incontro con gli altri umanisti ci dà subito ottimismo, la loro ospitalità ci fa stare molto bene e ci dà la forza necessaria per i giorni successivi.

Quando ci incontriamo per la prima volta, in modo informale, con G., 34 anni, medico di Pristina, umanista, capiamo dal primo momento che l’incontro non sarà difficile. Pensiamo e sentiamo le stesse cose che lui pensa e sente.

L’incontro si svolge in tre giornate. La prima consiste nella presentazione del progetto del primo Parlamento di Base Interetnico, e dei suoi partecipanti, ad un pubblico composto da membri di organizzazioni come: Amnesty International, Commissione per la Pace del Comune di Bagno a Ripoli, Comunità Somala, Regione Toscana, Movimento Umanista. I lavori proseguono per tutto il primo giorno, in due gruppi: da una parte i cittadini di Belgrado e Pristina, dall’altra le organizzazioni italiane per studiare questo modello di Parlamenti di Base.

La discussione con G. è molto più facile del previsto, poiché partiamo dallo stesso punto di vista. Le nostre posizioni non sono politiche, ma partono dall’esperienza della gente: la propaganda che crea un abisso fra i popoli, la pericolosa tendenza da parte della maggioranza della gente a non farsi domande, a non mettere in discussione niente, a credere che sia impossibile fare qualsiasi cosa. Una discussione durata tre ore che sfocia in un documento di poche righe:

FIRENZE 7 GIUGNO 1994

A Firenze il 7/6/94 si sono incontrati dei membri del Movimento Umanista di Belgrado e di Pristina. Si è trattato di un incontro tra persone con idee del Movimento Umanista.

Gli umanisti di Belgrado e Pristina sono interessati ai modi di vita e alle difficili condizioni in cui entrambi vivono. I membri del Movimento Umanista di Belgrado sono interessati a conoscere la situazione del Kossovo, dato che i mass media non danno informazione.

Gli umanisti di Pristina e Belgrado sono interessati a conoscere la vita culturale nei paesi dove vivono e pensano che questo è un buon punto di partenza per una collaborazione fra di loro a partire dalle idee umaniste.

La conclusione di entrambe le parti è che sia gli Albanesi sia i Serbi sono oppressi dallo stesso regime, ma non nello stesso modo e allo stesso livello. È evidente che per questo sistema l’essere umano non  è importante. “Niente al di sopra dell’essere umano e nessun essere umano al di sotto di un altro”.

Questo documento viene presentato pubblicamente il giorno seguente, in una conferenza stampa. Lo stesso giorno, assieme al portavoce italiano del Movimento Umanista veniamo intervistati nella sede di “ControRadio”, dove presentiamo il documento ed esprimiamo la convinzione che i popoli non hanno voluto questa guerra.

La sera del terzo giorno c’è un incontro pubblico, dove arrivano centinaia di fiorentini, e le sorprese non sono finite: grazie agli annunci pubblicati sui quotidiani, arrivano un serbo e un albanese, e più tardi due mussulmani e un serbo, tutti e tre di Sarajevo, la relazione che ne nasce è apertissima. Eravamo combattuti fra la tristezza, la rabbia nel constatare ancora una volta cosa era stato fatto a tutta questa gente, a tutti noi, e, d’altra parte, la certezza della possibilità di aprire un dialogo e trovarci d’accordo, al di sopra di tutte le differenze.

Questo non è che il primo passo, ora siamo di ritorno a Belgrado e a Pristina con un documento che stiamo presentando non solo agli umanisti, ma al maggior numero di persone nei quartieri, nelle associazioni, attraverso il contatto personale e i mezzi di diffusione, per costruire le basi per un secondo incontro, numeroso, in autunno a Budapest.

APPUNTI DEL VIAGGIO A PRISTINA (KOSSOVO)

Quello che segue è estratto dagli appunti di viaggio di due membri del Movimento Umanista di Firenze invitati a far conoscere e sviluppare le idee umaniste nel Kossovo; gli appunti sono stati da me manipolati per motivi di spazio giornalistico e di sicurezza (come capirete leggendoli); mi auguro comunque che possano dare l’idea delle situazioni che si possono vivere a qualche decina di km da casa nostra

ANTECEDENTI

A partire da aprile 93, è stato messo in moto a Firenze il “Fronte umanista per gli abitanti della ex-Jugoslavia” nel quale partecipano profughi in Italia di varie zone ed etnie, trai quali alcuni albanesi del Kossovo. Dal lavoro con queste persone e grazie al loro invito nasce l’idea di questo viaggio. Con loro abbiamo continuato l’attività del fronte mettendoci in contatto con tutta la comunita albanese del Kossovo presente a Firenze. Nei giorni della nostra permanenza a Pristina c’erano anche alcuni degli albanesi del Kossovo di Firenze che erano tornati per le vacanze dalle loro famiglie.

PREMESSA

Da Firenze siamo partiti con la seguente idea del Kossovo: il Kossovo è una regione della ex-Jugoslavia confinante a nord con la Serbia e con il Montenegro; a sud-est con la Macedonia; a sud-ovest con l’Albania. Ha una popolazione di 3 milioni di abitanti di cui il 90% albanesi e il 10% restante soprattutto serbi ma anche zigani, croati e turchi. Le religioni sono 3: musulmana, ortodossa e cattolica; tutte molto tolleranti.

La popolazione albanese non ha nessun diritto: scuole in lingua albanese chiuse, 85% della popolazione albanese licenziata, sanità solo per i serbi, impossibilità di fare qualsiasi azione di protesta contro il governo di Belgrado. C’è un governo eletto democraticamente dagli albanesi, non riconosciuto e con alcuni membri in esilio.

RACCONTO

03-04/01 – ore 11.00 partenza da Firenze, arrivo a Subotica, alla frontiera con la Serbia alle 05.00 del 04/01; paghiamo 120 marchi di assicurazione poiché le assicurazioni europee non coprono il territorio della ex-Jugoslavia, più un pedaggio di 50 marchi. Non troviamo nessuno che spiccica una parola di inglese, francese o italiano, anzi d’italiano sanno dire: “italiano mafioso”. Dopo 20 minuti ripartiamo e dopo 30 km il primo posto di blocco, controllo passaporti e bagagli ma solo superficialmente. Capiamo quasi sempre, ma la nostra risposta èsempre la stessa per tutto il viaggio: “non capisco, non capisco”. Autostrada per Belgrado: incontriamo una lunga serie di posti di blocco e altri pedaggi fino a Nis, città a 250 km a sud. Lungo quest’ultima autostrada, prima della statale per Pristina, incontriamo numerose persone che, ai bordi, aspettano che qualche automobilista rimanga a secco e gli compri una tanica di carburante. Nella statale per Pristina un poliziotto ci chiede un passaggio, noi “non capiamo” ma lui sale in macchina. Dopo qualche minuto inizia a giocare con la pistola, decanta la sua adulazione per la Beretta. A un certo punto un atroce dubbio ci assale: se a Pristina ci vedono arrivare con un poliziotto a bordo, come ci considereranno? Forse spie? Forse collaborazionisti? Non lo potevamo sapere ma il rischio era tale da indurci a trovare un modo per scaricare il poliziotto. Gli diciamo che dobbiamo fermarci prima, lo scarichiamo e cambiamo strada. La cosa che più ci impressiona è la quantità di gente per strada e tutti giovani. Arrivati in piazza cerchiamo la pasticceria (ma abbiamo saputo poi che non esiste più) ed ecco che vediamo Davide e subito appaiono anche Arsim, Agron e Refjk più un loro amico avvocato . Inizia una serie di saluti ed abbracci, e ci portano subito in un ristorantino. Seduti al tavolo l’avvocato comincia a proporre brindisi e a fare ringraziamenti per la nostra visita in modo formale però sentito. Dopo inizia subito a chiederci il motivo della visita e noi, stanchissimi, abbiamo ricambiato il saluto e gli abbiamo detto che ci interessava la situazione di questo paese, che volevamo prendere contatto con tutte le organizzazioni attive, politiche e non, formare un gruppo, che saremo ritornati il 10 febbraio e, infine, che gia era attivo un gruppo di 40 persone a Belgrado (cose che, in seguito, abbiamo ripetuto a tutti). Abbiamo mangiato carni e insalata e bevuto birra; hanno voluto pagare loro. Siamo andati allo studio dell’avvocato a piedi: una stanza di 12mq con vetrina sulla strada, una scrivania con telefono e scartoffie, piena di fumo, con un continuo circolare di gente, amici e clienti. Anche lì saluti, presentazioni, ringraziamenti, e tante sigarette (tutti ti offrivano sigarette e non potevi mai rifiutare, anche se stavi già fumando). Lì abbiamo conosciuto un professore sulla sessantina che era la persona che ci avrebbe ospitato a casa sua. A casa ci hanno aiutato a scaricare la macchina velocemente in modo da non dare nell’occhio e subito ci siamo accorti che il prof aveva paura ad ospitarci.

05/01 Andando dal “Consiglio dei Diritti Umani” in macchina, cominciano tutti a parlare piano e stanno molto attenti a tutto, anche a dove parcheggiare la macchina ed al come; entriamo da un portone dentro un cortile dove c’è una moschea ed un edificio dove c’è la sede del Consiglio. 30 mq, 2 donne (che poi abbiamo saputo erano impiegate e non hanno partecipato direttamente al  colloquio) 2 computer, stampanti, fax ed un grosso tavolo per riunioni; presentazioni, ringraziamenti. Parliamo con il pres. del Consiglio (8 anni di carcere per motivi “politici”) e un prof. della facoltà di medicina dell’Università del Kossovo: ci hanno esposto alcuni dati in loro possesso sulle violazioni dei Diritti Umani da parte della Polizia ufficiale e della Polizia paramilitare di Arkan (ultranazionalista serbo) (alcuni dati del 1993: 15 uccisi; 14 scomparsi;2305 arresti; 1994 ricercati; 1777 torturati; 664 violenze contro partiti politici ed associazioni varie; contro bambini; donne ecc.). Questi sono solo quelli documentati e di cui sono venuti a conoscenza. La loro organizzazione è presente in tutti i villaggi e quartieri, 62 collaboratori in Pristina e 200 collaboratori in altri luoghi. Ci hanno parlato di un tentativo di epurazione etnica sui bambini con un avvelenamento, registrato lo stesso giorno, con gli stessi sintomi, su 7000 bambini. Dicono che: “non c’è nessuno nel Kossovo che non sia stato maltrattato. Il governo serbo è un colonizzatore classico che non rispetta le sue stesse leggi. Al mercato del martedì la polizia si fa viva circa una volta al mese, lo circonda, picchia la gente, e prende quello che gli piace (sono poveri) poi se ne va. Non esiste un’organizzazione terrorista albanese. Tutti pensano di risolvere pacificamente la situazione; è un codice adatto ai tempi attuali che tutti accettano”. Alla nostra domanda se i vertici delle organizzazioni siano vicini alla base hanno risposto che lo sono spiritualmente e meno attivamente. “Vogliamo l’aiuto del mondo, dei giovani e delle organizzazioni pacifiste”. Due giorni prima la polizia era stata lì e aveva preso delle videocassette. Ci hanno fatto vedere le foto dei torturati. Durante il colloquio un’impiegata ci ha interrotto, visibilmente incazzata, dicendo che una delegazione danese che era stata lì, era tornata in Danimarca raccontando che i serbi hanno paura degli albanesi e che per questo agiscono così. Prima di uscire una delle impiegate (che aveva ascoltato tutto) dice ad Agron che lei è disponibile ad ospitarci. Tutti ci hanno invitato a tornare quando volevamo e che erano totalmente d’accordo con le idee umaniste.

OSSERVAZIONI: durante il colloquio, a turno, si alzavano e uscivano poi tornavano. Dopo abbiamo saputo che era perché avevano paura della polizia e dovevano far vedere che non si trattenevano molto tempo dentro la sede del Consiglio. A tutte le organizzazioni abbiamo lasciato il Documento del Movimento Umanista ed altri materiali. Spiegavamo come eravamo arrivati nel Kossovo, che cosa volevamo fare, che saremmo tornati il 10 febbraio e che cosa stava facendo il Mov.imento Umanista nel mondo.

LE NOSTRE DOMANDE: a tutti abbiamo fatto le seguenti domande:

Quando si dovrà ricostruire questo paese, in che mani starà la ricostruzione?

Che posto occuperà la gente in questa ricostruzione?

Quali saranno i valori della ricostruzione? Vi venderete come sono venduti tutti gli altri paesi?

LE LORO RISPOSTE: non rispondevano specificamente anche se ne riconoscevano l’importanza, ed in questo modo capivano chi eravamo: persone interessate a come stava la gente ed al loro futuro. Quasi sempre dopo queste domande cominciavano a trattarci più amichevolmente , senza tante bandiere, con meno distanza, quasi come se fossimo “dei loro”. La risposta era quasi sempre: “questo che dite è importante ma adesso la situazione è tale che dobbiamo occuparci di come uscirne, poi finalmente potremo porci queste belle domande”.

Torniamo allo studio e chiediamo se possiamo vederci con qualcuno anche dopo cena, ma ci dicono che è meglio di no perché è pericoloso girare la sera in quanto i controlli della polizia si fanno più intensi, e se trovano degli italiani insieme agli albanesi, ai primi gli intimano di andarsene entro 12 ore e per i secondi sono “guai”. Ci dicono anche che è più sicuro se giriamo a piedi e lasciamo la macchina a casa.

Tornati a casa, il prof ci riaccompagna nella nostra camera e decidiamo che è meglio cambiare casa perché questa assomiglia più ad un nascondiglio-prigione visto che non ci fa neanche avere contatti con il resto della famiglia. Più tardi glielo comunichiamo e vediamo che si rilassa, così bene che dopo ci invita a prendere un caffé con i suoi familiari e a pranzare con loro il giorno dopo. La famiglia è composta da lui, la moglie, tre figlie ed un altro figlio che lavora in Germania ed è ricercato perché non ha fatto il servizio militare. Veniamo a sapere che nessuno fa il servizio militare perché da lì non si torna, la maggior parte “muore”, si viene mandati in primissima linea nelle zone di guerra oppure, quando ancora non c’era la guerra, molti morivano in banali “incidenti”.

06/01 Torniamo dal Consiglio dei Diritti Umani con la scusa di voler chiedere se fosse possibile parlare con qualche organizzazione dove fossero presenti donne, ma soprattutto per aprire la relazione con le impiegate; subito telefonano al Partito Socialdemocratico (PSD), il cui presidente è una donna, e ci fissano un appuntamento per il giorno seguente. Shuki, la più giovane, si offre di accompagnarci subito per farci vedere dov’è la sede del PSD. Arrivati lì, ci ferma e ci dice: “io voglio parlare con voi, sono interessata al vostro Movimento”, noi le diciamo di invitare, se vuole, anche i suoi amici e fissiamo per le 18.00.Ci salutiamo e andiamo alle poste per spedire un telegramma in Italia.

LDK (Lega Democratica del Kossovo) Bei locali, eleganti. Parliamo col Ministro delle Finanze ed un membro della presidenza del partito. Questo è il partito che raccoglie il 90% dei consensi, e che si occupa di raccogliere finanziamenti che arrivano da 400mila lavoratori all’estero. Questi soldi servono per far funzionare pronto soccorso, scuole, scienza ecc.. Alla nostra domanda su come uscire da questa situazione hanno risposto: attraverso un intervento militare sotto il controllo dell’ONU e indire nuove elezioni. Stanno molto attenti nel precisare che vogliono rispettare la minoranza serba. Alle nostre fatidiche domande hanno dato risposte da “buoni politici”.

INFORMAZIONI: dalle chiaccherate con partiti ed organizzazioni e con gente comune: dopo il 1981 il governo di Belgrado ha progressivamente tolto autonomia alla regione, e la gente ha risposto con una serie di manifestazioni di protesta non violente che sono state represse con la forza, molta gente è stata uccisa ed incarcerata. Questa situazione è andata avanti fino al 1990, quando il presidente Rugova ha deciso di sospendere qualsiasi attività pubblica di protesta. Il motivo era che costava troppe vite umane. Dal 1990 stanno continuando con quella che chiamano “resistenza pacifica”; anche se molti dicono che non si sa fino a quando si potrà continuare in questa direzione. “Non vogliamo fare la guerra”, dicono. Sono disarmati, non hanno una pistola, ma sono certi che nell’eventualità di un attacco armato da parte del governo serbo o nel caso di un inizio di un genocidio o di una deportazione di massa, ci sarebbe immediatamente l’intervento armato dell’esercito dell’Albania e di tutto il popolo albanese (anche usando solo forconi oppure bastoni). Questo con molte probabilità allargherebbe il conflitto a tutta l’area sud-balcanica. Questo è quello che ha impedito finora al governo di Belgrado di mettere in atto il genocidio del popolo albanese. In questi anni l’85% dei lavoratori albanesi sono stati licenziati o mandati in pensione forzata. La maggior parte delle fabbriche e delle miniere sono state chiuse. A livello istituzionale non esiste un solo impiegato albanese. La scuola per gli albanesi funziona solo nel livello elementare, a partire dai livelli superiori fino all’Università sono chiuse (alcune sono aperte solo per la popolazione serba). Di conseguenza gli studi continuano clandestinamente in sedi temporanee, come case private o altro, in cui i professori tengono la lezione. (la polizia a volte fa irruzione in questi posti e picchia tutti). I professori sono pagati grazie all’organizzazione economica parallela del governo albanese fondata sui finanziamenti da parte dei lavoratori all’estero. Gli ospedali sono in gran parte chiusi poiché funzionano solo per la popolazione serba e tutto il personale albanese è stato licenziato. Un albanese non può farsi ricoverare in un ospedale “pubblico”: ci sono precedenti gravi. Anche gli ospedali funzionano clandestinamente, in case, con attrezzature finanziate sempre allo stesso modo. Tutti gli organi d’informazione albanesi sono stati chiusi o in mano ai serbi: il quotidiano “Riljindia”, che è stato chiuso, ora viene stampato clandestinamente e distribuito in pochissime copie. Ci sono pochissime informazioni: solo qualche giornale di Belgrado (nessun giornale straniero), la radio e la TV di Belgrado e, per due ore al giorno (molti hanno l’antenna satellitare), la TV dell’Albania e “Radio Tirana”. (Comunque in questi giorni il governo di Belgrado, su proposta di un deputato serbo del Kossovo, ha deciso di vietare le antenne satellitari).

Ore 18.00, poca gente per strada, mentre aspettiamo Shuki, c’è un clima di tensione, lì vicino c’è un posto di blocco, c’è gente che ci osserva, decidiamo di non rischiare e di aspettare solo 5 minuti. Arriva Shuki e ce ne andiamo da quel postaccio. Arrivati a casa sua ci dice che lei sa di rischiare però continua a fare le cose, non ha paura. Altrimenti per lei non ci sarebbe senso. (Shuki ha 30 anni circa ed è stata due anni in prigione per motivi politici e la polizia le ha ucciso il fidanzato anni addietro). Ci accompagna in un salottino e ci dice subito che vuole organizzare una lotta non violenta dentro il Kossovo. Ridendo e scherzando (c’era sempre un tono molto leggero ma sentito) iniziamo a parlare del Movimento. Passati alla situazione attuale, lei ne faceva solo un problema etnico e, quando parlava dal cuore, usciva odio per i serbi. Noi abbiamo chiarito subito la nostra posizione e le abbiamo chiesto se per lei era un problema genetico, e lei ha risposto di sì. Così le abbiamo detto che, se pensava in questo modo, fra lei e Milosevic non c’era nessuna differenza. Si è alzata ed è uscita dalla stanza. Dopo alcuni minuti è rientrata affermando: “io sono umanista”, ed è uscita di nuovo. É rientrata dicendo che telefonava a Belgrado per dimostrarci che aveva amici serbi. Poi cambiando tono ha detto che avrebbe partecipato al Movimento Umanista e che avrebbe formato un gruppo. Dopo insieme siamo andati al ristorante ed ad un certo punto appare Arsim trafelato che ci stava cercando per tutta Pristina e che ormai credeva che ci avessero arrestato. Per risollevare, lui ed i suoi amici, dall’angoscia, abbiamo finito la serata con loro in pizzeria.

Ore 21.00 Trasloco a casa di un’amica di Shuki, Geraldina. L’accoglienza da parte della famiglia è molto calorosa. Verso le 23.00 cominciamo una lunga chiaccherata con Shuki e Geraldina che durerà fino alle 08.00 di mattina. Fra risa per il nostro inglese gesticolato e molto tè turco, vediamo insieme i materiali ed il Progetto per una Repubblica Umanista.

12/01 – Ore 11.00 – Appuntamento con il Presidente della Repubblica autoproclamata Ibrahim Rugova. Ci ha ricevuto per mezzora. In tutte le stanze c’era una foto del papa insieme a lui. C’erano molte guardie del corpo. Non ha voluto traduttori. È stato un incontro formale. Si è detto disponibile a collaborare con noi e ha voluto personalmente il documento. Dopo siamo andati nel più grande e bello bar di Pristina per stare un pò fra amici, c’erano Agi, Agron, Arsim, Geraldina e Shuki.

Ore 14.30 – Democrazia Cristiana. Gli abbiamo detto chiaramente quello che pensavamo della Democrazia Cristiana. Hanno accusato il colpo. In realtà sono demo-musulmani visto che l’87% degli iscritti è musulmano. Subito dopo e nello stesso edificio incontro con l’organizzazione umanitaria “Madre Teresa”. Sono organizzati molto bene in tutta la regione con scuole ed ospedali dove c’è la gente più povera. Ci siamo congratulati per il loro lavoro e gli abbiamo parlato della differenza fra umanesimo ed umanitarismo.

Ore 17.00 Riunione del Movimento Umanista. Abbiamo elencato le attività da fare durante la nostra assenza: traduzioni, riunioni settimanali; connessioni settimanali con Firenze; ricerca di un appartamento con telefono per febbraio. Ogni volta che si doveva prendere una decisione su una data o su una funzione, parlottavano 2 minuti fra di loro e poi dicevano: “abbiamo deciso!” e ci comunicavano la decisione. In tutto questo casino noi non avevamo capito bene quanti erano e allora l’abbiamo chiesto a loro: “quanti siete?”, hanno parlottato i soliti 2 minuti e, contandosi le dita, hanno detto: “sedici!”. Siamo andati al bar. C’era un buon clima e voglia di lavorare insieme. Alla fine gli abbiamo raccontato che tutto questo era stato possibile grazie anche ad una ragazza serba: ironia della sorte !! Ci hanno raggiunto anche Arsim, Agron e Davide e gli altri, e, dopo aver brindato, ci siamo salutati. Poco fuori dal bar due poliziotti passano, ci osservano, ma ci sentono parlare in italiano e tornano indietro ma in due secondi eravamo tutti scomparsi.

13/01 – Dopo aver trovato del buon gasolio a 3.3 marchi al litro, tutta la famiglia ci saluta calorosamente e ci riempie di regali. Ore 12.00 Partenza per il viaggio di ritorno.

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